Recensione #18 – Voglio mangiare il tuo pancreas di Yoru Sumino e Idumi Kirihara

Voglio mangiare il tuo pancreas è un manga scritto da Yoru Sumino e disegnato da Idumi Kirihara. In Italia è stato pubblicato da Dynit.
È ispirato all’omonimo romanzo.

 

Un timido e “banale” studente delle scuole superiori ritrova per caso il diario segreto di Sakura Yamauchi, sua compagna di classe, scoprendo così della sua malattia terminale al pancreas. I giorni della ragazza sono contati, ma Sakura sembra affrontare la malattia e la crudele realtà a testa alta e con uno spirito allegro. Passando quindi da semplice compagno di classe a custode del suo segreto, il ragazzo si ritrova a trascorrere sempre più tempo con Sakura…

 

Voglio mangiare il tuo pancreas è la tenera quanto struggente storia di due adolescenti alle prese con una terribile malattia. 

I protagonisti sono Sakura Yamauchi e Haruki, un suo compagno di classe molto riservato. Il nome di quest’ultimo si scopre soltanto verso la fine, ma si può intuire già dalle prime pagine; in base allo sviluppo del loro legame, la ragazza lo chiama in modi differenti (si passa dal semplice “compagno di classe riservato” al “buon amico”).
I due liceali sono agli antipodi: lei appare come una ragazza solare e allegra, nonostante sia malata, sicura di se stessa, estroversa e apprezzata da tutti, mentre lui è molto insicuro, taciturno, introverso e poco appariscente.
N
on potrebbero essere più diversi, eppure riescono ad andare d’accordo e a instaurare uno strano rapporto a metà tra l’amicizia e l’amore. Queste diversità servono a entrambi per migliorare, per imparare cose nuove sulla vita, per cambiare e per completarsi.
Q
uello che fa o pensa la ragazza, lui non lo farebbe o non lo penserebbe mai. A volte i comportamenti di lei causano confusione e preoccupazione nel ragazzo o portano a un brutto litigio tra i due. I dispetti da bambina di Sakura, in realtà, la proteggono, nascondendo le sue fragilità, quelle che non vorrebbe mostrare a nessuno, neppure al giovane, che considera la quotidianità e la verità.
Quest’ultimo, infatti, è diverso dagli altri: è l’unico a conoscere il suo segreto e a non trattarla da malata, come capita con la sua famiglia o come farebbero la sua amica Kyōko e la sua classe.
P
assando tanto tempo insieme e trascurando gli altri, Sakura e Haruki attirano le attenzioni e le antipatie dei compagni, finendo vittime di inutili pettegolezzi e di fraintendimenti.
G
li ultimi mesi di vita di Sakura diventano preziosi ricordi per la stessa e per Haruki, che si scopre più interessato alle persone e più coinvolto nei sentimenti altrui e nelle interazioni sociali.
Qualcosa di terribile, come una malattia al pancreas, induce il lettore, insieme ai protagonisti, a riflettere sull’importanza della vita e dei momenti da trascorrere con le persone amate. A volte soltanto un evento significativo e tragico potrebbe modificare la percezione che abbiamo di noi stessi e di tutto ciò che ci circonda, permettendoci di migliorare, di evolverci e di vedere quello che ci era sfuggito grazie alle differenze che ci legano agli altri. Non dovremmo mai dare tutto per scontato: persino un ragazzo riservato e poco interessante potrebbe essere notato e apprezzato da qualcuno, riservare delle sorprese ed essere motivo di stima in quanto sa risplendere da solo, camminare con le proprie gambe.
giorni che le rimangono da vivere trascorrono veloci e intensi fino a un colpo di scena agghiacciante. Ciò che nessuno, compresi i personaggi stessi, si sarebbe aspettato anticipa un finale commovente e doloroso, seppur inevitabile.

Voglio mangiare il tuo pancreas è un’opera di rara e delicata bellezza, come un ciliegio che fiorisce in primavera; esalta i sentimenti, le diversità e il valore  della vita e degli attimi che non andrebbero mai sprecati. Dipendere dagli altri è sbagliato, ma lo è anche chiudere il proprio cuore per non infastidire qualcuno.
U
na miniserie in due volumi capace di emozionare, di sorprendere, di far divertire e di far piangere.
C
on un tratto leggero e gradevole alla vista, Izumi Kirihara rappresenta in modo molto accurato i sentimenti e i pensieri dei personaggi: le espressioni del viso non sono approssimative o confuse, elemento fondamentale per una storia colma di emozioni come questa.
I
l titolo è particolare: si riferisce all’antica usanza di mangiare l’organo (animale) corrispondente a quello malato per guarire.
I
l formato dell’edizione italiana, curata da Dynit, è troppo grande e il prezzo di ogni volume è eccessivo, ma si può sorvolare su questi “difetti” perché  l’opera in sé merita di essere letta e di essere sistemata nelle librerie di molti lettori.

In definitiva, Voglio mangiare il tuo pancreas trasmette un messaggio positivo, tipico delle opere giapponesi: nella sofferenza dovremmo ricercare la forza di reagire e di amare.

Lo consiglio a chi sta attraversando un periodo difficile o un momento di sconforto, a chi ha bisogno di speranza, a chi non si sente apprezzato, a chi ama le storie malinconiche e profonde, quelle che fanno riflettere e commuovere.

Preparate i fazzoletti!

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Fonte trama e immagine: Animeclick

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Girl From The Other Side 2 – Il mio commento

Avevamo lasciato la piccola Shiva alle prese con una nuova minaccia. Riuscirà a salvarsi? Scopriamolo insieme!

 

Il secondo volume di Girl From The Other Side, la favola dark scritta e disegnata da Nagabe, è ricco di sorprese, di emozioni e di mezze rivelazioni.
Fa la sua comparsa un’altra creatura del mondo esterno (un estraneo), intenzionato a restituire le anime alla “Madre”. Il Maestro lo segue nelle profondità di un lago in quanto vorrebbe sapere come annullare la maledizione.
Le loro parole lo turbano a tal punto da far preoccupare Shiva. Dal canto suo, l’uomo è costretto a mentirle per proteggerla dalla portata dell’epidemia e dai segreti che le ha nascosto la nonna.
Il lettore respira il senso di impotenza e di angoscia che prova il Maestro dopo aver ascoltato la “Madre” e le sue creature.
Il rapporto tra i due protagonisti rischia di essere minato ancora una volta: pare che i relegati, gli esseri umani che vivono all’interno e che non sono stati maledetti, vogliano catturare la bambina del mondo esterno e portarla al loro Dio.
Come andrà a finire?

L’atmosfera di questo volume è suggestiva e onirica, con un perfetto contrasto tra scene allegre (simboleggiate dal bianco) e scene cupe (rappresentate da una parte prettamente nera o grigia). I personaggi e gli scenari sono disegnati in modo magistrale. Il livello dell’opera continua a essere alto e a mantenere l’attenzione del lettore.
I misteri che legano la maledizione ai due mondi e alla piccola Shiva non sono ancora stati svelati. Si intuisce una profonda spaccatura tra il regno interno e quello esterno, quello “governato” dal Dio bianco e quello che appartiene alla “Madre”, che si accusano vicendevolmente e che vorrebbero la bambina. Cosa sarà accaduto realmente? È proprio Shiva la chiave per risolvere tutti i problemi?
È interessante la riflessione sulla meschinità umana, che distrugge tutto e che non sa prendersi le responsabilità delle proprie azioni. Potremmo vedere la maledizione come una metafora sull’evoluzione dell’essere umano, che devasta il pianeta a causa della sete di potere che lo contraddistingue e che vive nell’illusione.
Non manca la componente religiosa, usata da sempre come scudo: molti individui se ne servono per giustificare le nefandezze che compiono. Non è proprio a causa della religione che esiste una netta distinzione tra i due mondi?
L’anima pura e bellissima di Shiva simbolizza la speranza e anche una sorta di unione tra le creature.
Ancora una volta è presente un colpo di scena finale che preannuncia un terzo volume carico di forti emozioni.

 

Promosso! 

Copia di girl from the other side 2

Vi ho parlato del primo volume [QUI]

Fonte immagine: JPOP

Girl From The Other Side 1 – Il mio commento

Girl From The Other Side: una favola dalle tinte dark

Shiva è una bambina che vive insieme a una creatura maledetta che chiama “Maestro”. Quest’ultimo è un abitante del mondo esterno (detto estraneo)  in quanto è stato colpito da una misteriosa maledizione. Al contrario la bimba non è stata infettata e lui  è intenzionato a proteggerla. Le loro giornate trascorrono serenamente, ma l’idillio non può durare in eterno…

Girl From The Other Side si presenta come una favola dalle tinte dark.
I momenti spensierati si alternano a quelli più cupi. Una misteriosa maledizione  sta imperversando e il “Maestro”, una creatura infetta, cerca in tutti i modi di proteggere la piccola Shiva. Pur non potendosi nemmeno sfiorare, i due instaurano un legame complice e affettuoso, basato sulla fiducia reciproca e sulla dolcezza. Le loro giornate trascorrono placide, sorseggiando il tè o cucinando una torta di mele. Il rapporto tra i due viene messo a dura prova quando i loro simili scoprono dell’esistenza della bimba, facendo così emergere pregiudizi insiti nell’animo umano.
C’è un forte contrasto tra la sagoma bianca di Shiva, colei che rappresenta il candore e la luce, e le ambientazioni nere, che rappresentano le tenebre e il pericolo che incombe.
La trama intrigante e il silenzio presente in numerose scene di questo primo volume permettono al lettore di “divorarlo”. I disegni sono suggestivi e la copertina potrebbe ricordare un libro di fiabe o di antiche leggende.
Il segreto che cela la maledizione invoglia il lettore a continuare la serie.
In questo numero viene analizzato soprattutto il sentimento che lega il “Maestro” a Shiva, tanto da mentirle per non ferirla e da tormentarsi. Si prende cura di lei come se fosse sua figlia o la sua sorellina, raccomandandole di non allontanarsi dalla loro casa o dal villaggio abbandonato. Inoltre, viene affrontato il tema del pregiudizio nei confronti del diverso: una creatura maledetta è considerata un pericolo, non potrebbe mai essere buona. Shiva vuole bene al suo “Maestro”, nonostante le loro differenze. Tutti noi dovremmo imparare a infischiarcene delle apparenze, a rispettare ogni creatura vivente e abbandonare quelli che sono soltanto inutili e arcaici preconcetti per poter vivere in armonia.
Non manca il colpo di scena finale che preannuncia un secondo volume mozzafiato.

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Recensione #6 – A Silent Voice

A Silent Voice (Koe no katachi in giapponeseè un manga scritto e disegnato da Yoshitoki Oima. In Italia è stato pubblicato da Star Comics. Un film d’animazione basato su questa serie è uscito nelle sale cinematografiche giapponesi nel 2016.

Shoya Ishida ha 17 anni ed è un liceale solitario. Prima di togliersi la vita, il ragazzo decide di incontrare Shoko Nishimiya, una sua compagna di classe in sesta elementare, con l’intenzione di scusarsi per averla presa di mira a causa della sua disabilità – Shoko è sorda dalla nascita. Per poterle parlare, Shoya ha persino imparato la lingua dei segni. Quando la rivede, il ragazzo le chiede di diventare amici. Ishida è determinato ad avvicinarsi a lei e a rimediare agli errori commessi in passato, ma la strada per poter stringere un legame d’amicizia con Nishimiya è piena di ostacoli e ricordi dolorosi…

A Silent Voice affronta, in modo profondo e toccante, temi quali il bullismo, la disabilità fisica, l’incomunicabilità tra le persone, l’amicizia, la crescita personale. Pur essendo un manga con ambientazione scolastica e protagonisti adolescenti, risulta più maturo e presenta tematiche più serie: infatti rientra nella categoria seinen, termine giapponese che indica tutte quelle opere che hanno come target giovani adulti e che significa letteralmente “giovane”.

È una storia d’amicizia e di sentimenti, che fa riflettere sul tempo perduto e sui momenti felici andati (“Quella volta, in sesta elementare, quanto sarebbe stato bello se entrambi avessimo potuto sentirci?” sono le parole che usa Shoya quando rincontra Shoko) e sulla difficoltà o paura di esprimere apertamente i propri sentimenti. Pur essendo diretto e sincero, lo Shoya Ishida delle elementari è troppo immaturo per interagire con la compagna nel modo corretto. Spesso gli adulti tendono a peggiorare la situazione: troviamo quindi un insegnante poco empatico e umano, che ride dei dispetti e delle prese in giro di un ragazzino, e una madre troppo severa nei confronti di una figlia disabile, pur facendolo per il suo bene. Quando Shoya viene messo alle strette, inizia a pagare le conseguenze per le sue azioni di bullismo nei confronti di Nishimiya: i suoi vecchi amici e gli altri suoi compagni di classe lo trattano come spazzatura, facendogli dispetti e insultandolo, ritrovandosi così da solo. Soltanto la ragazzina cerca di aiutarlo e di diventare sua amica, ma lui la rifiuta. Nel momento in cui i due ragazzini si azzuffano, Nishimiya si trasferisce e Ishida si rende conto che lei gli aveva pulito il banco pieno di insulti da parte di tutta la classe. I suoi amici e complici sono diventati presto i suoi carnefici, mostrandosi più meschini del bullo stesso. Per tutti gli anni delle medie e per due anni delle superiori Shoya non lega con gli altri compagni, anche a causa del passato e di quegli amici che gli avevano voltato le spalle, svelando a tutti le sue malefatte. Se il ragazzino si fosse sforzato a comunicare con la compagna in modo differente, come sarebbero andate le cose? Non possiamo saperlo, ma possiamo essere persone migliori, più comprensive e attente. Tutti noi dovremmo essere più sinceri, sempre nel rispetto degli altri.

A Silent Voice è anche la storia del cambiamento di Shoya, il protagonista maschile; non è più lo stesso ragazzino immaturo del passato: prima non riusciva a capire Nishimiya e a comunicare con lei, reputandola strana; adesso, invece, è intenzionato a comprendere la sua voce e a restituirle la felicità che le aveva sottratto alle elementari. Ripensa spesso ai suoi errori, è pentito e mette al primo posto la ragazza, anche a costo di soffrire e ritrovarsi di nuovo da solo.
Non è il classico protagonista maschile, bello, sicuro di sé e popolare; non è l’eroe che salva la ragazza apparentemente bruttina e “sfigata”. Shoya Ishida odia se stesso, è imbranato e pure un po’ tonto. È realistico: ha sbagliato, è umano, e cerca di rimediare. E a me piace proprio per questo!
La ragazza, dal canto suo, si sente responsabile per quanto accaducato a Ishida e si tormentata. Nel suo piccolo cerca di migliorare e di dichiararsi al ragazzo a voce(pronunciando male la parola “suki”, che significa “mi piaci” in giapponese, Shoya fraintende e pensa alla luna, che invece si dice “tsuki”).
La bontà d’animo di questa ragazza è straziante; il suo dolore ti distrugge. Ci vorrebbero più persone tenere e altruiste come lei.

I sensi di colpa che divorano i protagonisti li costringono a fare i conti con i fantasmi del passato, con i loro sbagli, e ad affrontarli, a confrontarsi, a essere più onesti e a cercare di cambiare per ottenere la felicità che meritano.
A Silent Voice non è soltanto una storia sul perdonarsi a vicenda, ma anche sul perdonare se stessi e darsi una seconda possibilità per essere persone migliori.

A mio avviso ci sono troppi personaggi secondari per un’opera breve, alcune situazioni restano in sospeso e avrei voluto che ci fossero più momenti dedicati al legame tra Shoya e Shoko. (Sapete che entrambi vengono chiamati “Sho-chan” dalle rispettive madri?)

In conclusione, consiglio questo manga a tutte quelle persone che cercano qualcosa di diverso e che vogliono emozionarsi. Preparate i fazzoletti!

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