P&Me (Policeman and Me) – Le mie impressioni

P&Me – Policeman and Me è uno shoujo manga scritto e disegnato da Maki Miyoshi. L’edizione italiana è a cura di Star Comics.

 

Kako Motoya ha 16 anni e frequenta il primo anno delle superiori. Una sera, partecipa a un gokon, un appuntamento di gruppo organizzato, fingendosi una ventiduenne. Conosce Kota Sagano, che di anni ne ha 23. Tra i due sembra scattare qualcosa, ma il giovane scopre subito che Kako è minorenne. Essendo un poliziotto, non può avere una storia con lei alla luce del sole.
Riuscirà Kako ad avere una possibilità con lui o dovrà rinunciare all’intransigente Kota?

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Kako è una liceale gentile, buona e un po’ ingenua. Kota è un poliziotto taciturno, goloso di dango e ansioso.
A causa della professione di lui e dell’età di lei, i due protagonisti non possono avere una relazione: quando Kako gli dichiara il suo amore, Kota si vede costretto a rifiutarla.
Dopo essere rimasta ferita per proteggere Kota da un’aggressione da parte di alcuni teppisti, quest’ultimo le confessa i suoi sentimenti. Hanno un solo modo per poter stare insieme: sposarsi!
Il poliziotto chiede ai genitori della sua amata il permesso di sposarsi. Il padre autorizza il matrimonio, ma dettando una condizione: la figlia dovrà rimanere a vivere con loro fino al conseguimento del diploma. Inizia così il loro “matrimonio pendolare”.

Police&Me2La relazione tra la studentessa e il poliziotto prosegue non priva di ostali ed equivoci.
Kako scopre che i genitori di Kota sono morti e si rende conto di non conoscerlo bene; vorrebbe scoprire i suoi segreti.
Il passato del giovane è oscuro quanto doloroso. Il lettore non può far altro che piangere, comprendere gli atteggiamenti protettivi di Kota e ammirare il suo cambiamento radicale (il liceale teppista si è trasformato nel poliziotto Sagano, sempre pronto ad aiutare i cittadini).

P&Me3A complicare le cose ci pensa Heisuke Okami, il teppista che ha cercato di aggredire Kota e che ha ferito Kako. Quest’ultima si è ritrovata in classe con lui all’inizio del secondo anno di liceo. Dapprima Okami si sente in colpa e cerca di farsi perdonare dalla ragazza, ma poi si accorge di provare un sentimento diverso per lei.
Anche lui ha un trascorso difficile, crudele. Kako è la prima ad accorgersi della sua vera natura e a stargli vicino.
Il lettore viene a conoscenza delle motivazioni che hanno spinto Okami a disprezzare la polizia. Anche nel suo caso è impossibile trattenere le lacrime!
Lo studente si appresta a vivere una nuova vita, lontano dalle ferite della sua anima. Si conclude così il quarto volume di P&Me.

P&Me4Come proseguirà la serie? Non vedo l’ora di leggere i prossimi numeri di questa romantica serie!
P&Me – Policeman and Me è un manga che insegna a perdonare e a perdonarsi perché non si può vivere soltanto per espiare le proprie colpe. Tutti possono sbagliare, l’importante è imparare dagli errori e migliorare. C’è sempre una soluzione, una nuova alba. Cadere ci permette di rialzarci e di andare avanti.
In pochi volumi sono concentrate tante emozioni: gioia, tristezza, rabbia, rimpianto, rimorso, paura e gelosia.
È insolita e originale la scelta di creare un legame tra un poliziotto e una studentessa: in uno shoujo manga ci si aspetterebbe di trovare la classica relazione “ragazza e ragazzo” o al massimo “studentessa e professore”. I temi trattati non sono banali e adolescenziali, perciò lo consiglio anche ai giovani adulti.
Personalmente avrei preferito che i protagonisti non si mettessero subito insieme, rendendo la situazione più realistica e sofferta. Inoltre, ho trovato alcune scene al limite dell’assurdo e poco credibili.

P&Me è una storia dolce, a tratti divertente, con qualche ombra, indirizzata a noi “inguaribili romantici”.

 

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Nota personale: io mi sono innamorata del poliziotto!

 

Fonte immagini: Edizioni Star Comics e Animeclick.

#Speciale San Valentino – Consigli di lettura

Si sta avvicinando San Valentino e vorrei proporvi alcune letture romantiche ed emozionanti per l’occasione.

 

Sei Il Mio Angelo – Elisa Fumis

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La protagonista di questa storia breve si scopre attratta da sua sorella maggiore, Veronica. Quando la madre si toglie la vita, le due sorelle iniziano una convivenza tormentata che le costringe a confrontarsi con i propri sentimenti e i fantasmi del passato…
Dolore, paure e desideri si mescolano per dare vita a una storia che vuol far riflettere sul coraggio di amare e accettare e non reprimere le proprie emozioni.
Sei Il Mio Angelo è un racconto breve e dolce, dove l’amore viene espresso come forma di salvezza e non come forma di distruzione.

Storia breve • Genere: romance • Tematiche: LGBT

SEI IL MIO ANGELO INCIPIT AVVENTO

Puoi leggere gratuitamente il mio racconto breve su Wattpad.


Lo specchio del tempo – Silvia Devitofrancesco

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«Avvertivo strane sensazioni. Avevo paura di ciò che sarebbe potuto accadere e avevo paura per me.»
Due donne diverse dai destini intrecciati, l’una lo specchio dell’altra. Un manoscritto le farà incontrare mettendo così a confronto due epoche diverse e due donne simili, vittime di un padre padrone, ancorate a un amore romantico, capaci di lottare per la vita.
Due storie legate dallo specchio del tempo, dove il passato incontra il presente e in cui due donne lontane eppure vicine, lottano per rivendicare il diritto di scegliere il proprio destino e il loro sogno d’amore.

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Protectors: Il Richiamo – Sarah Grace M.

RICHIAMO

Li chiamano Protettori, discendenti diretti degli angeli, cui unico compito è quello di proteggere gli Innocenti. Gli umani ignorano quanta oscurità avvolga il loro mondo, non sono a conoscenza dei demoni e delle creature che lo terrorizzano, così come Hannah non sa di essere parte fondamentale del Collegio, residenza dei Protettori.
I suoi poteri non avrebbero mai dovuto rivelarsi in realtà, ma un risveglio tardivo costringe la madre a chiedere aiuto al Sommo Consiglio e a confessare la verità alla figlia. Gli Antichi Protettori sono però restii ad accettare la ragazza, per troppo tempo Hannah ha vissuto lontano da loro e ignara delle sue capacità, del suo dono celeste. Sarà a causa di un’imminente minaccia che, con l’aiuto di Cole e Natalie, verrà a conoscenza della sua vera natura, un mondo nuovo, composto da creature fantastiche e inquietanti.
Dorian è spavaldo, pieno e sicuro di sé, un tipo taciturno, perennemente arrabbiato col mondo a causa dell’abbandono che ha subito da bambino. Non ama condividere i propri spazi e i propri affetti; lui doveva essere la sola eccezione, l’unico ad aver acquisito i poteri al compimento dei sedici anni e non sin dalla nascita, come invece accade per ogni Protettore, compresi quelli che considera i suoi fratelli: Nat e Cole.
L’arrivo di Hannah non è dunque fonte di entusiasmo per lui, non all’inizio. Col tempo però, gli è chiaro che quello che lo unisce alla ragazza è un legame speciale, una connessione difficile d’accettare e ancor più complicata da comprendere; e solo insieme potranno vincere il pericolo che incombe sui Protettori. Non è amore ciò che lega le loro anime, è qualcosa di molto più forte e potente.
Riuscirà Cole ad accettarlo? Saprà Hannah scindere i suoi sentimenti, senza dover rinunciare a nessuno dei due ragazzi?
Fra misteri, menzogne e verità mai rivelate, la nuova Protettrice dovrà recuperare il tempo perduto e vissuto come una normale Innocente; dovrà allenarsi e affinare le sue capacità, ricoprire il ruolo per il quale è nata, affinché il bene prevalga sempre sul male.

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Al Kaphrah. Dell’amore di una farfalla per uno straniero – Davide Mantero

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Al Kaphrah è il racconto di un amore fuori dal comune, di un sentimento che va oltre ogni limite di tempo e di spazio. La sua trama avvincente, ricca di colpi di scena, in un giusto equilibrio tra realtà e fantascienza non lascerà insensibile il lettore.

❝Non me ne rendevo ancora conto, ma la mia vita da quella notte non sarebbe più stata la stessa. Tutto il mio mondo, quello che avevo conosciuto fino ad allora, era finito e ricominciava con lui.❞

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La figlia di Freyja – Giovanna Barbieri 

freiyaLa giovane Gundeberga, albina e figlia illegittima di Cunimondo, re dei Gépidi, è cacciata dal villaggio con la madre, a causa del suo aspetto diverso, e costretta a rifugiarsi nella foresta. A lungo rimane da sola nella selva finché non incontra il Longobardo Gundulf, ferito da un orso. Tra i due si accende quasi subito una passione travolgente e combattuta. Nel frattempo, la principessa Gépide Rosmunda è rapita dai Longobardi per ordine di re Alboino che desidera sposarla per garantirsi la legittimità al trono.

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L’amore ancora esiste – Christy C 

amoreEnis e Sofia si conoscono, per caso, su Facebook.
L’allegria di lui arriva diritta al cuore di lei. Non sono più ragazzini, eppure si comportano come tali, fin dal primo momento.
Si tratta di uno di quegli amori che partono dalla testa fino ad arrivare al cuore.
Un amore virtuale che dura quasi due anni, che sembra corrisposto fino a quando Enis, inaspettatamente, inizia a prendere le distanze, fin quasi a sparire dalla vita di Sofia.
Passeranno cinque lunghi anni dalla loro prima chat al momento in cui il destino giocherà per loro una nuova, bizzarra, mano. 

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Elena – Maura Grignolo

elenaElena Reed lavora come cameriera presso i Fitzgerald, circondata ogni giorno dal lusso di quella famiglia, una delle più ricche di Londra. Non vuole impantanarsi in nessun guaio, ma i guai la cercano quando si innamora del figlio più giovane, Edward. Quella che sembrava solo una cotta verso il padrone di casa, in realtà è un sentimento ben ricambiato. Edward, innamorato di lei, fa di tutto per proteggerla dal mondo pieno di pregiudizi che la circonda. Ma la madre del ragazzo, che vede Elena solo come uno scarafaggio da schiacciare, cercherà in ogni modo di far si che la ragazza esca dalla vita del figlio. E un destino ben peggiore di una madre arrabbiata o di una giovane miliardaria agguerrita innamorata anch’essa del ragazzo si sta per abbattere su Edward. Qualcosa che farà lottare entrambi per il loro amore, che si avvia sempre di più verso una fine che nessuno dei due aveva previsto. Elena ed Edward, due poli opposti, un amore unico.

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Come due sconosciuti (Poesia di Elisa Fumis)

Le parole sono volate nelle nostre stanze vuote,
al calar della sera non più meste o arrabbiate.
Le lacrime scese e poi scomparse,
dai nostri volti sconfitti.
Una nuova luce per risplendere,
prima dell’arrivo di un altro dolore.
Ora le parole sono invisibili,
al vespro il vuoto non posso colmare.
Rimirando istanti ormai andati,
slego fili invisibili che ancora ci tengono legati.
Ora siamo come due sconosciuti.

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Mondi paralleli

Avrei voluto vivere in due mondi paralleli soltanto per poterti essere amica in uno e poterti amare nell’altro. Ma adesso non sono niente. – Elisa Fumis

(17 ottobre 2018)

 

 

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Tenersi per mano

❝Tenersi per mano è un atto intimo e tenero, che denota il desiderio di affidarsi completamente all’altra persona; è come tenersi al sicuro da questo mondo crudele.❞

(Elisa Fumis)

✍️ 17.10.2018 ✍️

 

tenersi per mano

 

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Ubriaca

Vorrei essere sbronza soltanto per non pensare che ti amo, che ti odio, che ti voglio bene, che sto male, che sto bene, che non so come sto e se posso stare senza di te. E se potessi, starei senza di te.

(Elisa Fumis)

 

 

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Stazione

Stazione, brutale mia nemica.
Compagna di lacrime trattenute,
di dolori sordi,
di sorrisi tirati,
di dita intrecciate
di parole non dette,
di labbra non sfiorate,
di spalle contemplate
e di sguardi complici.
Fermati, non andare,
rimani ancora,
rimani accanto a me.
Amami un po’.
Soltanto un po’.

 

(26/08/2018)

 

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Bacio

Il 𝓫𝓪𝓬𝓲𝓸 che ho desiderato,
prima ancora di conoscerti,
prima ancora di amarti,
non è arrivato,
era il momento sbagliato,
non me l’hai sussurrato,
voglio baciarti.
Un 𝓫𝓪𝓬𝓲𝓸 volato nel vento.
Per sempre.

(25/08/2018)

Elisa Fumis

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Il Mio Ragazzo Girasole

Avevo cinque anni quando mi ero persa e avevo trovato un unico girasole in un campo desolato. Era estate e mi ero allontanata dai miei genitori per rincorrere una farfalla. “Anche tu sei solo?” gli avevo chiesto, facendo piovere con le mie lacrime. Avevo asciugato delicatamente i suoi piccoli petali gialli come faceva la mia mamma mentre piangevo. “Vuoi essere mio amico? Io non ho amici…” Un gatto aveva cercato di strapparlo, ma io l’avevo protetto con il mio corpo; un graffio era comparso sul mio braccio destro. L’animale se n’era andato e io mi ero addormentata. Quando avevo riaperto gli occhi, un bambino mi aveva sorriso stringendo in mano un girasole e aveva annuito; con l’arrivo dei miei genitori era scomparso. L’estate successiva e pure quella dopo l’avevo cercato da quelle parti, senza successo, per poi dimenticare i tratti del suo volto. Forse l’avevo soltanto sognato, mi ero detta.
Aspettai il mio ragazzo seduta su una sedia, la banchina della stazione deserta. Aveva deciso di portarmi nel luogo del nostro primo incontro.
“Sei in ritardo!” lo ammonii, gonfiando le guance per fingermi arrabbiata.
Rise. “Scusami,” disse, grattandosi i capelli leggermente spettinati.
“Tu credi nel destino?” mi chiese mentre saliva sul treno, volgendomi le spalle.
“No. E tu?”
Annuì. “Ti ho trovata. Quella volta mi hai salvato, ora spetta a me proteggerti,” rispose e mi strinse a sé, sorridendomi con in mano un piccolo girasole. Il suo sorriso mi irradiò come quel meraviglioso fiore.

 

sunflower

Sei il mio angelo

Il corpo di mia madre era riverso a terra in una pozza di sangue. Il liquido viscoso l’aveva avvolta come una coperta calda, il volto contratto in una smorfia. Le nuvole offuscarono il sole, facendo piombare la stanza in un’oscurità sinistra che ricordava un film dell’orrore. Un’altra figlia avrebbe urlato alla vista della propria madre morta sul pavimento, mentre io cercai di rimanere impassibile per non attirare l’attenzione dei vicini.
L’ho uccisa, pensai. E adesso che cosa faccio? Dovrei sbarazzarmi di lei, ma è troppo pesante per sollevarla da sola. A chi potrei chiedere aiuto?
Non potevo chiamare Veronica; se avesse scoperto quello che avevo fatto, non mi avrebbe più rivolto la parola. Perdere la persona che amavo era un prezzo troppo alto da pagare, quindi decisi di telefonare a Chris. Il cellulare del mio ragazzo era spento. Guardai la macchia di sangue, il corpo immobile di mia madre, la stanza silenziosa: quella scena mi sembrò irreale, come se appartenesse alla vita di un’altra persona. Potrebbe trattarsi di un’altra visione, pensai. Mi era capitato di avere un’allucinazione qualche mese prima, quando la mamma mi aveva obbligata a prendere una strana pastiglia. “Oggi è una giornata difficile, devi prendere le medicine,” aveva detto in tono calmo.
Chiusi gli occhi, feci un respiro profondo e poi li riaprii: lo scenario non era cambiato. Quando riprovai a chiamarlo, Christopher aveva ancora il telefono spento. “Devo liberarmi del cadavere prima che arrivi Veronica!” urlai fissando lo schermo del mio cellulare, per poi scaraventarlo contro il muro. Le lacrime iniziarono a sgorgare dai miei occhi, rigando il mio viso stanco. Scossi la testa, presi alcune banconote dal portafoglio che mia madre aveva lasciato sul tavolo e le misi in tasca. Poi uscii dalla stanza con l’intento di raggiungere un contadino gentile e analfabeta che viveva poco distante da casa nostra. Era la mia unica e ultima speranza. Prima di poter scendere le scale, mi accasciai a terra; il buio mi investì come un’onda del mare.

 

Erano passati sei mesi dalla morte di nostra madre. Veronica mi aveva trovata svenuta sul pavimento e aveva chiamato l’ambulanza. Quando avevo riaperto gli occhi, mi ero ritrovata nella stanza di un ospedale. Mia sorella maggiore mi aveva informata che la mamma si era tolta la vita e che aveva lasciato un biglietto. Mentre lei si era occupata di tutta la parte burocratica, con l’ausilio degli zii, io avevo dormito. Non ero stata neppure sgridata quando non ero andata al funerale oppure quando avevo saltato la scuola. Veronica era tornata a lavorare dopo qualche giorno, lasciandomi a marcire da sola nella sua casa. “Sono le medicine di mamma, mi stordiscono,” avevo detto alle pareti per giustificarmi.
Gli odori della cena preparata da mia sorella riempirono la stanza, mescolandosi con tanta armonia da farmi ritrovare l’appetito che avevo perso.
“Cosa stai cucinando?” le chiesi dal salotto.
Non rispose, quindi entrai in cucina; vidi Veronica intenta a tagliare il pane.
“Pollo con patate per Christopher, tortino di patate per la mia sorellina,” disse in tono solenne, passandomi il mio piatto.
“Non mangi con noi?”
Chris suonò il campanello e lei andò ad aprire, ignorando la mia domanda. Lo fece accomodare in salotto, prendendo il mazzo di girasoli che le aveva porto per ringraziarla della cena.
“È il vostro anniversario,” mi sussurrò all’orecchio. “Prendo la borsa e vi lascio da soli.” Mi stampò un bacio sulla fronte e si allontanò.
Non me ne importa nulla dell’anniversario! avrei voluto gridarle. Invece rimasi in silenzio, contemplando la sua schiena.
“Stai bene?” chiese il mio ragazzo.
“No…” risposi senza forze.
Quando Veronica tornò in salotto, ci trovò ancora in piedi. Si era cambiata: indossava la camicia bianca che le avevo regalato con i miei risparmi. Ha un appuntamento, pensai. La guardai, gli occhi che sembravano supplicarla di rimanere.
“È successo qualcosa?” chiese, spezzando così il silenzio imbarazzante che era calato nella stanza.
“Non… non posso rimanere. Mio padre ha un problema… al pub.” Chris non sapeva mentire. Si scusò con mia sorella, lo sguardo mesto. Veronica gli fece portare via il pollo: a lei non piaceva e io ero vegetariana. Quando il ragazzo se ne andò, lei sprofondò sul divano. Poi mi invitò a sedere accanto a lei.
Restammo sedute, senza parlare, per qualche minuto. Chiuse gli occhi, abbandonandosi alla quiete. Il suo profumo inebriò le mie narici; mi avvicinai al suo collo per baciarlo, ma poi mi fermai. Non posso farlo, pensai. Siamo sorelle. Mi domandai con chi avesse un appuntamento. Veronica non mi aveva mai parlato della sua vita sentimentale e non aveva mai invitato un ragazzo a casa nostra; al contrario, io le avevo raccontato tutto – persino della mia prima volta con Christopher. Provai quindi a immaginare il suo tipo ideale: un ragazzo timido, con gli occhiali, che lavorava in una libreria oppure che controllava i biglietti al cinema, comparve nella mia mente; pensai che fosse carino, ma troppo imbranato per i miei gusti. L’avrei potuto pure accettare, se solo non fossi stata innamorata di lei. Sospirai. Veronica si meritava il meglio e non potevo esserlo io.
“Facciamo shopping domani?” chiese, riaprendo gli occhi e osservando la mia espressione mesta.
Scossi la testa, sconsolata. “Non ho soldi, lo sai…”
“Non preoccuparti, pago io.”
La ringraziai, il tono di voce flebile. L’orologio da polso di mia sorella segnava le 21:15. Avevo fame, quindi mi alzai dal divano per mangiare; il tortino di patate che lei mi aveva cucinato si era raffreddato. Lo tagliai a metà, presi un piatto pulito dalla cucina per mettervi una delle due porzioni e lo porsi a Veronica, insieme alla forchetta che non era stata utilizzata.
“Sei molto tenera,” disse, accarezzandomi la guancia. “Mi è passato l’appetito, scusami…” aggiunse poi; mi restituì il piatto, abbozzando un sorriso. Sembrava spenta, come se qualcosa o qualcuno le avesse prosciugato tutte le energie. Quel qualcuno ero io. Si abbandonò a un sonno leggero e agitato.

 

L’indomani andai a fare compere con Veronica. Aveva delle occhiaie  pronunciate: la sera prima si era addormentata sul divano e quando l’avevo svegliata per prendere il suo posto, aveva rifiutato e mi aveva permesso di dormire nel suo letto. L’avevo osservata agitarsi a causa di qualche sogno, aveva pronunciato frasi sconnesse. Qualcosa la tormenta, avevo pensato. Le avevo preso la mano e avevo aspettato che si calmasse, per poi coricarmi anch’io.
Il centro commerciale non era molto affollato, nonostante fosse mezzogiorno. Dopo aver mangiato un trancio di pizza, entrammo in un negozio di vestiti. Mia sorella si mise a parlare con una delle due commesse.
“Posso aiutarti?” chiese l’altra.
Scossi la testa, continuando a controllare Veronica e quella donna. Si parlavano all’orecchio e ogni tanto scoppiavano a ridere, come due amiche adolescenti. La radio trasmetteva vecchie canzoni d’amore rock che mi rattristarono. Quando Chris entrò nel negozio, lo fulminai con lo sguardo.
“E tu cosa ci fai qui?”
“Mi ha chiamato tua sorella, è preoccupata per te,” disse, indicandola.
“Non guardarla!” esplosi.
“Sei gelosa? Sai che sono innamorato solo di te.”
“Non è così… io…” Continuai a osservarla con una tale insistenza che spazientì il mio ragazzo. Proseguii: “Christopher, vorrei soltanto fare shopping insieme a Veronica. Non siamo più uscite da quando la mamma è morta.” Ero solita chiamarlo Chris, eccetto nei momenti di tristezza o di rabbia. Lo feriva in quanto era stato spesso deriso per il suo nome.
La mia giustificazione non lo convinse del tutto, ma decise di andarsene. Sospirai. Era una brava persona, non potevo più fingere. Mia sorella salutò la commessa e continuammo a girare per negozi.
Comprai un paio di jeans bianchi, due magliette, biancheria intima e uno smalto verde smeraldo; Veronica, invece, acquistò un mascara e uno smalto blu pavone. Avevo sentito la tensione abbandonarmi per qualche ora, il volto sorridente come quello di una bambina davanti a un sacchetto di caramelle. Nel parcheggio mi infilò un braccialetto al polso che aveva comprato senza che me ne accorgessi; i suoi polpastrelli sfiorarono la mia pelle, facendomi fremere. Sei troppo vicina, pensai. Il cuore prese a martellarmi nel petto.
“Ho deciso di lasciare Chris,” le confessai tutto d’un fiato, cercando di distogliere l’attenzione dalle sue labbra.
“Perché?” chiese stupita.
A questa domanda non risposi. Salii in auto, restando in silenzio. Il vento entrava dal finestrino abbassato e mi scompigliava i lunghi capelli biondi; la musica in sottofondo mi cullava, come le ninnenanne che mi cantava la mamma quando ero piccola. La strada si era svuotata e Veronica guidava rilassata: non le piaceva mettersi al volante, soprattutto quando c’era traffico; spesso aspettava che si diradasse, restando parcheggiata a lungo e tornando a casa più tardi del previsto.
Ci fermammo in una libreria. Ripensai al fidanzato che avevo immaginato per mia sorella e scoppiai a ridere. Lei mise un braccio intorno alle mie spalle e sorrise.
“Sono contenta di vederti spensierata, per una volta. Oggi mi sento bene.” Fece una pausa, poi riprese: “Il tuo entusiasmo è contagioso,sai? Sono fortunata ad averti come sorella. Ti voglio bene.”
“Anch’io.”
Sentii l’impulso di abbracciarla forte, di non lasciarla andare. Le sue parole mi avevano scaldato il cuore; erano sincere, pure. Le diedi un bacio sulla guancia e le sussurrai un timido “grazie”. Sono io quella fortunata, pensai.
La libreria era spaziosa e ordinata, l’odore di carta stampata. L’atmosfera era tranquilla: le poche persone presenti sfogliavano i libri in silenzio. Veronica si allontanò e tornò poco dopo con un romanzo intitolato Parole Sbagliate. “Parla di una ragazza che trova un libro magico contenente un messaggio in codice da decifrare. Decide di tenerselo  e incominciano ad accadere cose strane. Me l’ha consigliato una collega,” spiegò. Annuii.
“Te lo regalo,” disse poi. Andò a pagarlo e uscimmo dalla libreria.
“Grazie. E tu, cosa vorresti? Se lavorassi al pub del padre di Chris, potrei comprarti qualcosa per ricambiare.”
Scosse la testa. “Vorrei soltanto che tu fossi felice.” Prese una ciocca dei miei capelli tra le dita, mi guardò negli occhi e pianse. Non l’avevo mai vista in lacrime, neanche quando era morta nostra madre.
“Scusa…” Non sapevo come consolarla, quindi l’abbracciai per calmarla.
Veronica mi faceva dei doni ogni mese. “Oggi non è il mio compleanno,” avevo detto la prima volta. “Non importa,” aveva risposto lei. Mi aveva comprato un quaderno e delle gomme da cancellare per la scuola, un mappamondo e un libro. Era ancora un’adolescente che lavorava soltanto d’estate. Grazie, diceva il biglietto che accompagnava ogni suo regalo.
Tornammo a casa per l’ora di cena. Mia sorella salì in camera senza proferire parola, l’espressione mesta.
“Vuoi che cucini qualcosa?” le chiesi, entrando nella stanza.
“No,” rispose laconica.
“Sei sicura? A pranzo hai mangiato solo un trancio di pizza.”
Sospirò. “Cosa vuoi che ti prepari?”
Dopo aver cenato insieme, Veronica tornò in camera. Mi feci una doccia e la raggiunsi. Era intenta a scrivere con il computer portatile, seduta sul letto. Mi spogliai davanti allo specchio, tenendo soltanto le mutande che avevo comprato al centro commerciale. Mia sorella non distolse lo sguardo dallo schermo. Guardami, scema! Perché ti importa più di quello stupido romanzo che di me? Scossi la testa. No, solo una malata di mente come me potrebbe innamorarsi della propria sorella, mostrarle il sedere e sperare di essere desiderata da lei. Quando il mio cellulare squillò, indossai la maglietta e uscii dalla stanza.
“Christopher…” la voce mi si strozzò in gola. Parlammo – o meglio, litigammo – per più di un’ora. Tornai da mia sorella per dirle che avevo lasciato Chris e la trovai addormentata, il portatile sulle ginocchia. Lo presi, facendo attenzione a non svegliarla, e lo appoggiai sulla scrivania. Lessi la storia che aveva scritto: narrava di due ragazze che sembravano amarsi. Ritornai con la mente all’immagine della commessa che le parlava all’orecchio e che la faceva ridere. E se fosse innamorata di lei? No, è solo un racconto di fantasia. Continuai la lettura per scoprire che le protagoniste erano sorelle. È la nostra storia. Salvai il file di testo al suo posto e spensi il computer. Andai a stendermi accanto a lei, il volto raggiante; le strinsi la mano. “Sono perdutamente innamorata di te,” le sussurrai all’orecchio, pensando che non mi avesse sentita.

 

Nelle settimane successive Veronica era diversa dal solito: mi rivolgeva a stento la parola; ogni sera mi preparava la cena e poi usciva, rincasando tardi e il più delle volte ubriaca.
“Perché non resti a casa e guardiamo un film insieme?” le avevo chiesto una volta. Indossava una gonna troppo corta e una maglietta attillata.
“No,” aveva risposto secca.
“Cos’hai?”
Mi aveva guardata con freddezza e se n’era andata.
Iniziai a tenere un diario; le pagine assorbivano le mie lacrime, macchiandosi di inchiostro, come una mappa disegnata male. Annotavo ogni comportamento che Veronica assumeva nei miei confronti, riportavo i miei stati d’animo e scrivevo dei miei problemi con la mente. Avevo persino ripreso ad assumere le pastiglie che mi dava la mamma quando era ancora viva. Quello stesso giorno avevo avuto un’allucinazione. Ho ucciso nostra madre, avevo pensato quando ero tornata alla realtà. Non posso dirlo a Veronica, non deve saperlo. È tutto così confuso nella mia testa. Perché mia sorella aveva parlato di suicidio? E poi… io sono innamorata di lei. In quell’istante avevo avuto un’illuminazione: Veronica si era svegliata e mi aveva sentita mentre le confessavo i miei sentimenti. Avevo preso a pugni il cuscino, le lacrime che scendevano copiose dai miei occhi, come un fiume in piena. Sono stata una stupida! Non voglio perderla…
L’orologio appeso al muro della cucina segnava le 19. Mia sorella entrò in casa con due pesanti buste di plastica.
“Aspetta, ti aiuto.” Provai a sfilargliene una dal polso, ma lei la strattonò e il suo contenuto si riversò a terra.
“Scusa…” Raccolsi i sacchetti contenenti le carote, le patate e le mele, la confezione da otto yogurt e quella dei cereali. Veronica mi accarezzò la schiena. Mi voltai e la guardai: il suo sguardo era triste. È colpa mia, pensai. L’ho ferita con i miei sentimenti.
“Scusami,” disse poi. “Ti ho trattata male. È solo che…”
“Mi sono innamorata di te,” l’anticipai.
“Lo so, ma è sbagliato. Siamo sorelle. Ho cercato di tenerti lontana per il tuo bene, nella speranza che ti dimenticassi di me in quel senso. Non è stato facile, odio vederti soffrire. Perdonami, non avrei voluto ferirti in questo modo.”
“Ma io ti amo!”
Mi avvicinai a lei e la strinsi forte. “E tu cosa provi per me?” le chiesi, nonostante conoscessi la risposta.
Non disse nulla, lo sguardo basso. Le alzai il mento con la mano affinché mi guardasse negli occhi; ripetei la domanda con calma, in attesa della sua replica.
Perché non parla?  Le scostai i capelli dal collo e lo baciai. Veronica non oppose resistenza; se ne stava immobile, come se fosse priva di forze, di emozioni. Quando accostai le mie labbra alle sue, mi respinse
“Cosa stai facendo? Siamo sorelle!”esplose.
“Io…”
“Siamo sorelle,” ripetè, lo sguardo mesto.
“Che cosa provi per me?” provai a domandarle un’ultima volta.
“Non ricambio i tuoi sentimenti, mi dispiace.”
Veronica mi ha rifiutata, pensai. Mi alzai, senza guardarla, e uscii di casa, incurante della pioggia.

 

La foto che mi ritraeva insieme a mia sorella era leggermente storta. Mi alzai dal letto con l’intenzione di sistemarla, invece la staccai dalla bacheca di sughero e l’osservai. Era la mia fotografia preferita: in quell’istante avevo capito di essere attratta da lei. “Sei bellissima,” mi rivolsi alla ragazza immortalata nello scatto, accarezzandole la guancia con l’indice della mano destra. Mi abbandonai a un pianto disperato, squarciando il silenzio innaturale presente nell’abitazione. Quella sera ero scappata di corsa senza prendere le mie cose – compreso il cellulare – e mi ero rifugiata nella casa dove avevamo vissuto con la mamma; non era ancora stata venduta, ma Veronica veniva spesso a pulirla e ad arieggiarla. Mi ero tolta gli indumenti fradici di pioggia, mi ero asciugata i capelli con un asciugamano consunto e avevo indossato una lunga maglietta che mia sorella aveva dimenticato lì qualche giorno prima.
Mi addormentai. Feci uno strano sogno: Veronica non era mia sorella, era una mia amica d’infanzia che si era innamorata di me, che mi baciava e che mi desiderava. Se non fossimo sorelle, potremmo stare insieme? mi chiesi, svegliandomi con i primi raggi del sole che entravano dalla finestra aperta. Sentii un rumore: era mia sorella che sbatteva la portiera della sua automobile. Scesi le scale di corsa, i capelli arruffati. Lei aprì la porta e me la ritrovai davanti.
“Allora eri qui…” Tirò un sospiro di sollievo.
“Non volevo farti preoccupare.”
“Torniamo a casa,” disse, guardardandomi con tenerezza e apprensione.
Scossi la testa. “Ho ucciso la mamma. Mi dispiace. Non odiarmi, ti prego. Mi dispiace.” Provai a scusarmi. Non voglio perderla, pensai.
“Calmati, piccola.” Mi accarezzò il braccio, poi si avvicinò a tal punto che potevo sentire il suo respiro affannoso. Sfiorò delicatamente le mie labbra con le sue. L’allontanai con decisione, nonostante desiderassi baciarla.
“Non possiamo, siamo sorelle.” Dover rinunciare a lei era la cosa più difficile per me.
“Non siamo sorelle, almeno non di sangue.”
La guardai confusa. “Che stai dicendo?”
“È così: I tuoi genitori biologici ti avevano abbandonata davanti al portone di casa nostra. Quando ti avevamo trovata, piangevi per la fame o per il freddo, non lo so. Desideravo tanto una sorellina, avevo solo cinque anni. Per fortuna i miei erano riusciti ad adottarti, così iniziasti a far parte della nostra famiglia.”
“Perché non me l’hai detto prima? E perché hai tentato di baciarmi? Tu non ricambi i miei sentimenti, ricordi?” Ero sconvolta. Feci dei respiri profondi per calmarmi.
“I miei mi avevano fatto promettere di non dirti nulla per non ferirti. Avrei voluto dirti la verità durante questi mesi, ma avevo paura di perderti. Mi detesti?”
“Non potrei mai detestarti, lo sai.”
Veronica mi guardò negli occhi, tenendomi per mano. “Non pensare che per me sia stato facile: quando baciavi Chris, dovevo reprimere la gelosia; quando ti spogliavi, dovevo cercare di non guardarti; quando ti avvicinavi, dovevo allontanarti. Fingere di non amarti e di non desiderarti, di vederti solo come una sorellina, iniziava a diventare una tortura.”
Abbassai la testa: era il mio modo di chiederle scusa. Non mi ero accorta dei suoi sentimenti, essendo concentrata soltanto su me stessa. Sono un’egoista. L’ho ferita. Come fa ad amarmi?
La ragazza riprese a parlare: “Tu mi hai salvata, come un angelo. Sai, odiavo la mamma.” Si tolse la maglietta e indicò una cicatrice lungo l’addome, poi si voltò e ne indicò un’altra lungo tutta la schiena. “Quando le cose tra lei e mio padre andavano male, si sfogava su di me. Sai, a volte qualcosa si rompe nella mente di qualcuno e a pagarne le conseguenze sono i suoi cari. Ma lei ha smesso di farlo con il tuo arrivo. Dopo un anno papà ci abbandonò, sparendo nel nulla. Avevo paura che la mamma potesse prendersela con me o con te, invece iniziò a chiudersi in se stessa. Era come se fosse avvolta da una membrana trasparente che le impediva di relazionarsi con il mondo esterno e di esprimere le sue emozioni. Sono sola, non ho neppure una famiglia.”
“Non sei sola, tu hai me!” Le spostai le braccia dall’addome che cercava di coprire.
“No, non voglio che tu veda ancora il mio corpo imperfetto! Quando mi spogliavo, i ragazzi mi guardavano schifati e mi lasciavano. È per questo che non ho mai avuto una relazione duratura. Sei sicura di volermi ancora?”
“Sì, sei bellissima.” Le sfiorai la cicatrice con le labbra; Veronica prese il mio volto tra le mani e ci baciammo appassionatamente.
“Smetti di prendere le pastiglie di mamma,” disse, accarezzandomi la guancia. “Non ti fanno bene. Ha cercato di propinarle anche a me, facendomi credere di essere pazza. Ti proteggerò da qualsiasi cosa, te lo devo.”
Mi strinse forte. “Ti amo,” le sussurrai all’orecchio.
“Sei il mio angelo.”
Ce ne andammo da quella che era stata la nostra casa per anni. Veronica mi mise un braccio attorno alle spalle, sorridendomi. Il sole illuminava l’inizio di una nuova giornata e il nostro amore appena sbocciato.

 

 

La Moglie Tra di Noi

❝La verità è l’unico modo per voltare pagina.❞ – Vanessa

 

A volte un’ossessione può diventare pericolosa e distruggere, altre volte può salvare.
Questa è la storia di Vanessa, una donna che ho imparato ad apprezzare piano piano, pagina dopo pagina; mi sono rispecchiata molto in lei, tanto da piangere in alcuni punti. È una donna che cerca di fermare il matrimonio di Richard, il suo ex marito, con la sua sostituta, una bella donna più giovane di lei. L’uomo ha dei modi di fare impeccabili, tanto perfetto da apparire come il Principe Azzurro delle fiabe. Tanto perfetto da non sembrare vero…

La Moglie Tra di Noi non è il classico triangolo amoroso; è un romanzo originale, pieno di colpi di scena, flashback ed emozioni. È una storia impregnata di solitudine e dolore, di bugie, di passati ingombranti e torbidi, di ricerche per conoscere la verità. Una verità difficile da accettare, una verità dolorosa, ma necessaria per andare avanti, per tornare a vivere.
È una storia toccante, scritta bene, che ci insegna a essere migliori, a lottare contro i fantasmi del nostro passato per poter agire meglio nel presente e nel futuro, a non voltare le spalle alle verità, a trovare il coraggio di voltare pagina.
Non si può non amare Vanessa, la protagonista di questo libro, donna forte, che diventa fragile a causa di alcune situazioni, ma che dimostra un grandissimo coraggio. Una donna da ammirare, nonostante alcune scelte sbagliate.

Consiglio La Moglie Tra di Noi a chi cerca una storia d’amore diversa, a chi ama i misteri e chi ha un forte bisogno di conoscere la verità, tanto da “divorare” questo romanzo, pagina dopo pagina, proprio come chi brama un bicchiere d’acqua nel deserto.

 

Mi piacerebbe ringraziare Piemme e Ibs per avermi dato la possibilità di ricevere una copia omaggio di questo libro, che l’ho finito in cinque giorni. Se avessi avuto più tempo libero, l’avrei finito in meno tempo!

 

piemme