A Silent Voice (Koe no katachi in giapponese) è un manga scritto e disegnato da Yoshitoki Oima. In Italia è stato pubblicato da Star Comics. Un film d’animazione basato su questa serie è uscito nelle sale cinematografiche giapponesi nel 2016.
Shoya Ishida ha 17 anni ed è un liceale solitario. Prima di togliersi la vita, il ragazzo decide di incontrare Shoko Nishimiya, una sua compagna di classe in sesta elementare, con l’intenzione di scusarsi per averla presa di mira a causa della sua disabilità – Shoko è sorda dalla nascita. Per poterle parlare, Shoya ha persino imparato la lingua dei segni. Quando la rivede, il ragazzo le chiede di diventare amici. Ishida è determinato ad avvicinarsi a lei e a rimediare agli errori commessi in passato, ma la strada per poter stringere un legame d’amicizia con Nishimiya è piena di ostacoli e ricordi dolorosi…
A Silent Voice affronta, in modo profondo e toccante, temi quali il bullismo, la disabilità fisica, l’incomunicabilità tra le persone, l’amicizia, la crescita personale. Pur essendo un manga con ambientazione scolastica e protagonisti adolescenti, risulta più maturo e presenta tematiche più serie: infatti rientra nella categoria seinen, termine giapponese che indica tutte quelle opere che hanno come target giovani adulti e che significa letteralmente “giovane”.
È una storia d’amicizia e di sentimenti, che fa riflettere sul tempo perduto e sui momenti felici andati (“Quella volta, in sesta elementare, quanto sarebbe stato bello se entrambi avessimo potuto sentirci?” sono le parole che usa Shoya quando rincontra Shoko) e sulla difficoltà o paura di esprimere apertamente i propri sentimenti. Pur essendo diretto e sincero, lo Shoya Ishida delle elementari è troppo immaturo per interagire con la compagna nel modo corretto. Spesso gli adulti tendono a peggiorare la situazione: troviamo quindi un insegnante poco empatico e umano, che ride dei dispetti e delle prese in giro di un ragazzino, e una madre troppo severa nei confronti di una figlia disabile, pur facendolo per il suo bene. Quando Shoya viene messo alle strette, inizia a pagare le conseguenze per le sue azioni di bullismo nei confronti di Nishimiya: i suoi vecchi amici e gli altri suoi compagni di classe lo trattano come spazzatura, facendogli dispetti e insultandolo, ritrovandosi così da solo. Soltanto la ragazzina cerca di aiutarlo e di diventare sua amica, ma lui la rifiuta. Nel momento in cui i due ragazzini si azzuffano, Nishimiya si trasferisce e Ishida si rende conto che lei gli aveva pulito il banco pieno di insulti da parte di tutta la classe. I suoi amici e complici sono diventati presto i suoi carnefici, mostrandosi più meschini del bullo stesso. Per tutti gli anni delle medie e per due anni delle superiori Shoya non lega con gli altri compagni, anche a causa del passato e di quegli amici che gli avevano voltato le spalle, svelando a tutti le sue malefatte. Se il ragazzino si fosse sforzato a comunicare con la compagna in modo differente, come sarebbero andate le cose? Non possiamo saperlo, ma possiamo essere persone migliori, più comprensive e attente. Tutti noi dovremmo essere più sinceri, sempre nel rispetto degli altri.
A Silent Voice è anche la storia del cambiamento di Shoya, il protagonista maschile; non è più lo stesso ragazzino immaturo del passato: prima non riusciva a capire Nishimiya e a comunicare con lei, reputandola strana; adesso, invece, è intenzionato a comprendere la sua voce e a restituirle la felicità che le aveva sottratto alle elementari. Ripensa spesso ai suoi errori, è pentito e mette al primo posto la ragazza, anche a costo di soffrire e ritrovarsi di nuovo da solo.
Non è il classico protagonista maschile, bello, sicuro di sé e popolare; non è l’eroe che salva la ragazza apparentemente bruttina e “sfigata”. Shoya Ishida odia se stesso, è imbranato e pure un po’ tonto. È realistico: ha sbagliato, è umano, e cerca di rimediare. E a me piace proprio per questo!
La ragazza, dal canto suo, si sente responsabile per quanto accaducato a Ishida e si tormentata. Nel suo piccolo cerca di migliorare e di dichiararsi al ragazzo a voce(pronunciando male la parola “suki”, che significa “mi piaci” in giapponese, Shoya fraintende e pensa alla luna, che invece si dice “tsuki”).
La bontà d’animo di questa ragazza è straziante; il suo dolore ti distrugge. Ci vorrebbero più persone tenere e altruiste come lei.
I sensi di colpa che divorano i protagonisti li costringono a fare i conti con i fantasmi del passato, con i loro sbagli, e ad affrontarli, a confrontarsi, a essere più onesti e a cercare di cambiare per ottenere la felicità che meritano.
A Silent Voice non è soltanto una storia sul perdonarsi a vicenda, ma anche sul perdonare se stessi e darsi una seconda possibilità per essere persone migliori.
A mio avviso ci sono troppi personaggi secondari per un’opera breve, alcune situazioni restano in sospeso e avrei voluto che ci fossero più momenti dedicati al legame tra Shoya e Shoko. (Sapete che entrambi vengono chiamati “Sho-chan” dalle rispettive madri?)
In conclusione, consiglio questo manga a tutte quelle persone che cercano qualcosa di diverso e che vogliono emozionarsi. Preparate i fazzoletti!