Mi sedetti su una panchina del mio parco preferito, l’archivio delle vite non vissute in mano. Lessi le informazioni riportate sulla scatola: “Dove finiscono i momenti che non abbiamo vissuto? Negli archivi delle vite non vissute. Puoi vedere con i tuoi stessi occhi gli istanti che non ti sono mai appartenuti, premendo il tasto rosso al centro. Puoi anche decidere di renderli reali, schiacciando quello verde; prima di scegliere questa seconda opzione, è bene che tu sappia che c’è un prezzo da pagare…” Deglutii; quel suono tetro echeggiò, annullando il silenzio nel parco deserto.
Il mio migliore amico se n’era andato. No, non era morto. Si era trasferito a Milano, abbandonando il Friuli Venezia Giulia e la sottoscritta. Non aveva voluto spiegarmi le sue ragioni, se n’era andato in silenzio. Mi aveva lasciato un messaggio laconico e freddo in segreteria, che avevo ascoltato diverse volte, ed era svanito, come se non fosse mai esistito.
Ci eravamo conosciuti in una fredda giornata di inverno. Davide lavorava come cameriere in un locale che avevo iniziato a frequentare insieme a mio cugino.
(TO BE CONTINUED)